La Morte Vivificante

Si legge Lc 17:11-19


Il cammino lungo il quale procede Gesù in questa parte del Vangelo di Luca va verso Gerusalemme, dove offrirà se stesso come sacrificio per noi, in una morte che vivifica. L’ambiente più ampio di questo brano fa parte della catechesi che Luca ci offre dove presenta Gesù come “il Maestro” (17:13) della vita di preghiera, in modo concreto della vita abbracciata con la croce.

È importante notare un punto prominente; è appunto lunga la via che porta alla morte che Gesù guarisce i dieci lebbrosi donandoli la vita di nuovo. Ricordiamo che per la società giudea i lebbrosi erano considerati esclusi dalla vita sociale, in pratica loro non potevano partecipare in quegli atti e obblighi più indicativi della vita giudaica che si facevano tutti in comune, nella società – come per esempio andare alla sinagoga, al tempio, vivere con la propria famiglia, e così via. In un certo modo, quindi, questo vuol dire che i lebbrosi erano considerati esclusi dal popolo eletto da Dio, il popolo della alleanza, e, quindi, morti.

Non ostante tutto questo, il loro incontro con Gesù diventa un momento di cambiamento radicale. Lui li invia a presentarsi al sacerdote perché era la figura più importante nella società giudea. Era considerato il boccaglio di Dio verso il popolo e il boccaglio del popolo verso Dio. Il ritornare nella società significava ricevere la vita di nuovo. Gesù va agli emarginati, li guarisce, e li invia a vivere mentre lui andava verso la morte.

Ma in verità, lui andava verso la vita poiché la croce è vita. È in cammino verso la croce che noi troviamo la vita, in cammino, quindi, verso l’abbandono totale nella volontà divina. Sta a noi a discernere quali sono i mezzi ed le esperienze concrete con le quali lo Spirito di Dio ci porta verso la verità di noi stessi, con le quali siamo chiamati a dare testimonianza in carità e verità del nostro rapporto proprio con Dio. L’attitudine di Gesù di andare verso gli emarginati è indicativa per ogni cristiano. Si domanda – chi sono gli emarginati oggi per causa dei nostri pregiudizi personali o sociali? E più in concreto, le mie azioni stanno aiutando a diminuire questa loro distanza dalla società e la Chiesa, o la sta aumentando?

Per andare incontro all’emarginato e portarlo in dietro alla corrente ci vuole innanzi tutto avere una relazione con Gesù, cioè camminare verso la nostra Gerusalemme, verso la nostra croce, amarla e abbracciarla. È così che Santa Teresa di Gesù poteva chiamare la croce “il mio benvenuto” ed è così che la morte di Gesù può vivificarci.

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