La croce è la nostra confessione
Il popolo vedeva, i capi deliberavano, e Cristo crocefisso – donatosi completamente per la nostra salvezza – in silenzio. Quello del popolo è un silenzio che allontana di più il Mistero dalla persona che è quasi ceca e alienata nella sua anima dall’evento della salvezza. È un silenzio che vuol rimanere fuori del dramma, uno che vuole annichilare la propria partecipazione; che esclama in sé, non lo conosco (Lc 22:57). Invece quello del Signore Gesù è un silenzio appassionato, pieno della Verità, di Lui stesso, della Sua dimora mistica, nell’anima. È un silenzio che tace fino a promettere, oggi sarai con me nel paradiso. (Lc 23:43)
Quindi, la croce è la partecipazione simultaneamente attiva e passiva, ascetica e mistica, dell’anima nell’opera divina della redenzione. È l’essere disponibili e liberi di impegnarsi nel proprio cammino verso la Gerusalemme celeste non per causa propria ma per essere mossi in cammino da Dio stesso, dal essere coinvolti dall’Amore ad amare, anche nei propri limiti, l’Amore Eterno nella intra-penetrazione infusa delle Sacre Persone della Santissima Trinità. Un’attività davanti alla quale, l’uomo non può fare nient’altro che tacere e confessarsi peccatore e limitato e, dunque, imprecare la misericordia di Dio attraverso la riconciliazione con la propria croce odierna.
Il desiderio pieno di supplica e pietà da parte del ladrone crocefisso affianco a Nostro Signore Gesù evoca il nostro stesso desiderio di fare parte del Regno Divino che Cristo ha inaugurato con il proprio sangue innocente sulla croce. Anche se umano, è trascendente, esalta dallo Spirito del Figlio in noi che geme (Rom 8:23), e grida: Abbà (Gal 4:6). Padre Mio, Padre Celeste, salvami, abbi pietà di me! È un desiderio che il Padre non ignora; se noi – essendo cattivi – sappiamo dare buoni doni ai nostri figli, quanto più il Padre celeste donerà lo Spirito Santo a coloro che glielo domanderanno? (Lc 11:13)
La croce è per l’anima mistica la porta per cui si entra nella kenosi dell’infinita misericordia annientante di Dio. È l’amore che ci libera, è l’iniziativa sconvolgente di Dio che vuole entrare nella storia umana per soffiare in essa, ancor una volta, il soffio della vita. È la promessa che assicura il peccatore pentito e perdonato il godimento del Volto Santo in eternità. È il culmine, la cima del monte, dove la gloria di Dio si manifesta alle genti nella morte del suo Figlio Unigenito per vivificare e rischiarare tutti quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte. È il segno rivelativo definitivo di Dio per renderci misticamente presenti dinanzi a Lui come cherubini godendo la gloria del Suo Serafico desiderio ardente, cantando Santo, Santo, Santo.
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